giovedì 19 marzo 2009

Di notti solitarie, insonnie e solitudini

stanotte mi sveglio per il caldo e la sete. e la pipì.
allora mi alzo, faccio la pipì, bevo e tolgo il copriletto. erano le due e mezza.
mi riposiziono nella mia alcova e inizio a sentirlo che scalcia, fa le capriole, il salto in alto e i tuffi carpiati. mi giro e mi rigiro, niente.
mi viene fame.
mi alzo e mangio due fette biscottate. bevo, torno a letto. erano le tre.
adesso è il momento delle prove generali di tip tap. sulla mia vescica.
mi rialzo, faccio la pipì e torno in camera da letto. erano le tre e un quarto.
nel buio i miei occhi di gatto vedono un MaritoRonfante messo di sbieco lungo la diagonale del letto, con la faccia sprofondata sul mio cuscino. forse vuole dirmi qualcosa, penso, ma non lo sa neppure lui.
non è nottata, questa, per dormire, ho capito.
allora me ne vado di là, mi accomodo sulla mia poltrona ikea ergonomica, poggiapiedi, copertina sulle gambe e libro.


Come tutti i bei libri, letto in un’unica sorbita è tutta un’altra storia.
La solitudine delle madri di Marilde Trinchero.

Lo consiglio a tutte le donne in attesa, a tutte le mamme, a tutte le donne. E anche ai compagni di queste donne. La chiave è in uno sguardo diverso sulla maternità, meno edulcorato, ma più autentico. Una prospettiva meno ingannevole, più sincera sull’universo materno che non è solo incondizionato amore verso i figli e appagamento assicurato, ma fatica, a volte, noia, soffocamento, rifiuto, in alcuni casi, annullamento della propria individualità. Essere madri, ma oserei estendere all’essere donne, richiede sempre una scelta, delle scelte. E in questo libro si parla di queste, del coraggio di farle anche a dispetto delle stratificate convenzioni che continuano a negare i bisogni di un essere umano, semplicemente perché sceglie di, ma in questo caso direi ha il dono di, mettere al mondo dei figli. In questo libro si parla di accettare di essere delle madri sufficientemente buone. Delle madri imperfette, empatiche e presenti, che accolgono le proprie debolezze e i propri bisogni.
Ho trovato anche tanti spunti che mi hanno fatto fare voli pindarici anche molto personali: la regressione al nostro stato di figlie e la riflessione sul rapporto con la propria madre, l’importanza della dimensione del gioco non soltanto coi figli, il tempo interrotto di cui una madre deve accontentarsi nel coltivare la propria creatività, l’egoismo che si cela dietro gli amori più devoti, la consapevolezza dei propri limiti e di quelli da impostare nelle relazioni, anche con i figli, infine la solitudine di fronte a se stesse che porta con sé il diventare madre. Perché è veramente incolmabile il ventre emotivo che cresce apprestandosi a diventare madri, e raccontarlo è di una difficoltà indicibile, comprenderlo ancor di più, soprattutto dall’esterno.
E poi è scritto da un’arteterapeuta e in questo taglio avviene la narrazione, ascoltando prima.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Come ti capisco!!!
Io tra il vento, il maritorussante e la plin plin (che stanotte, visto i movimenti molto forti del mio bimbo è stata molto frequente) ho passato una nottataccia....

Marilde ha detto...

Grazie Caia. E che il libro ti abbia fatto compagnia in una notte insonne devo dire che mi piace molto.